Team efficace: come gestire i diversi tipi di ruoli?

All’interno di un team, sono molti i fattori che influiscono sulle modalità comportamentali e operative degli individui (es. tratti caratteriali individuali, livello di competenze, anzianità lavorativa, clima organizzativo e altri aspetti di contesto). In relazione alla combinazione di tutti questi fattori, ciascun componente del team tende ad assumere un determinato ruolo all’interno del proprio gruppo di lavoro. Come già visto nell’approfondimento precedente, le caratteristiche distintive di ciascun ruolo costituiscono la chiave su cui lavorare per migliorare il posizionamento di ogni componente sia rispetto alle performance professionali, sia rispetto alle struttura delle relazioni che intesse nel team.
Se non gestiti in modo opportuno, alcuni tipi di ruolo possono essere disfunzionali e rendere il team poco efficace nel raggiungere gli obiettivi aziendali e di prestazione assegnati; di conseguenza, occorre diversificare le strategie di leadership per ingaggiare i differenti tipi di ruolo.
Come fare? Ecco di seguito uno schema sintetico, utile a focalizzare, per ogni ruolo, le strategie da adottare per una gestione “personalizzata” e, ci auguriamo, efficace di ciascuno.
- L’arrabbiato.
Obiettivo: ricostruire un “sentimento” di fiducia verso l’organizzazione. Con quali strategie? Dal punto di vista strettamente operativo occorrerà assegnare alla risorsa compiti connotati da un discreto grado di autonomia, responsabilità e delega decisionale. Le modalità relazionali di ingaggio richiedono un incremento delle occasioni di confronto, feedback e coinvolgimento attivo nel team, insieme a una particolare attenzione all’ascolto empatico reattivo da parte del leader.
- Il fuori gioco.
Obiettivo: ri-motivarlo nello stare al lavoro. Con quali strategie? Sull’operatività incideranno positivamente la concessione di una maggiore flessibilità oraria e di una maggiore autonomia nella gestione del tempo. A livello relazionale, risulterà strategico coinvolgerlo in attività che valorizzino la sua lunga esperienza lavorativa attraverso, ad esempio, l’affiancamento delle nuove leve aziendali o l’affidamento di attività di comunicazione interna (quale relatore a convention aziendali, in forma di storyteller dell’azienda).
- Il potenziale inconsapevole.
Obiettivo: favorire la consapevolezza di sé e il riconoscimento delle proprie competenze. Con quali strategie? Le modalità operative potranno migliorare grazie all’assegnazione di compiti anche complessi da eseguire in affiancamento a un collega senior. Necessario, per incrementare sicurezza anche dal punto di vista relazionale, è un approccio orientato al coaching, fornendo supporto mai direttivo e aggressivo e restituendo feedback costanti, costruttivi, tendenti a lavorare sulle aree di forza, piuttosto che su quelle di debolezza.
- Il sì ma.
Obiettivo: supportare il suo naturale spirito critico, arginandone tuttavia l’applicazione in base al contesto. Con quali strategie? Renderlo autonomo nella definizione di responsabilità su singoli compiti all’interno dei processi operativi, coinvolgerlo in attività di audit e inspection a supporto dell’assicurazione qualità, per alimentare la motivazione a dare un contributo critico, ma costruttivo e utile per l’organizzazione. Aiutarlo nella relazione con gli altri a trasformare l’attitudine critica, spesso percepita come svalutativa e aggressiva, in modalità assertiva, attraverso mirate sessioni di coaching sulla riformulazione comunicativa.
- Il disorganizzato.
Obiettivo: sviluppare una maggiore capacità organizzativa. Con quali strategie? Nell’operatività è utile assegnare attività che richiedano l’impiego di processi proceduralizzati, standardizzati in istruzione tecniche, con l’ausilio di metodi rigorosi e poco “flessibili”. A livello relazionale, è bene invitarlo a gestire piccoli momenti di confronto con il gruppo: ad esempio, per una riunione affidargli il compito di moderatore con l’incarico di predisporre e gestire la riunione, secondo un flusso di attività ordinate e sequenziali.
- Il rampante.
Obiettivo: aiutarlo a comprendere l’importanza dell’interdipendenza con gli altri componenti del team. Con quali strategie? Dal punto di vista lavorativo sarà fondamentale renderlo parte di attività in cui il proprio risultato dipende da quello di un altro (ricorrendo ad esempio alla strategia di cooperazione in staffetta). Nelle relazioni sono invece efficaci rassicurazioni che mettano in luce il suo valore di fronte agli altri per contrastare la poca sicurezza di sé che, tipicamente, caratterizza chi ha bisogno di “fare il primo della classe”.
Vi è mai capitato di applicare qualcuna delle strategie descritte per gestire i membri del vostro team? Se sì, quali sono state?